L’arte del Kiai

Il Kiai è un grido pieno di forza ed intenzione a costituire il desiderio di portare a compimento una tecnica marziale. La parola è formata da “ki” , in giapponese mente , volontà, disposizione d’animo e da “ai ”, contrazione del verbo “awaseru”, che significa unire , congiungere, ovvero una manifestazione dell’energia interna con un suono che crea . A questo scopo si utilizza il grido nella forma esteriore come modo di controllare il ki, come arte di dirigere le energie . Nelle pratiche marziali il kiai è di estrema importanza e questo studio, che raggiunse i livelli massimi nel Giappone Feudale, è ancora oggi impiegato in molte discipline come il karate, il judo e l’aikido.

Le origini
In Giappone si sa pochissimo dell’arte del kiai, ma sono visibili le eredità lasciate ai maggiori Maestri delle arti marziali che tutt’oggi subordinano i fattori esterni del combattimento, armi e tecniche, a elementi di natura interiore, controllo e potenza. Nello specifico quest’arte era vista come l’impiego della voce umana in combattimento, con il duplice effetto di intimorire il nemico e rafforzare il proprio spirito. La particolarità di quest’arte è, in realtà, la tecnica usata, un vettore di eccezionale impatto emotivo: la voce umana. Kiai era il nome dato generalmente a quello specifico metodo di combattimento basato sull’impiego del grido come arma; con l’andare del tempo gli antichi combattenti giapponesi, i “Bushi”, affinarono questa pratica fino a farla diventare un’arte completa in se stessa. Le origini si identificano strettamente con l’immagine di un uomo posto di fronte a una realtà ostile. Il grido, infatti, rappresenta la reazione primordiale al pericolo e alla richiesta di aiuto ed è in grado di far vacillare un nemico o arrestarne addirittura l’attacco. In Giappone questa tecnica fu perfezionata a tal punto da farne la sola arma usata: il guerriero studiava come sviluppare un urlo che incanalasse in tono, altezza e intensità della voce, tutta la sua energia. Il valore tattico del grido nell’influenzare o determinare il risultato del combattimento venne così inserito come studio approfondito delle segretissime scuole marziali per sfruttarne appieno l’effetto paralizzante.

La pratica
L’arte del kiai occupa una posizione specifica nei metodi disarmati da combattimento e al contempo unica. Una pratica esoterica in cui le tecniche e le strategie sofisticate si riducono all’estensione della potenza pura, immateriale, “che non si vede ad occhio nudo”, ma in grado di sopraffare l’avversario. Il kiai abbraccia i concetti di armonia e di spirito. Ki viene spesso usato nel senso di energia, carattere e perciò come indice della personalità del praticante. Ecco che la pratica di quest’arte si concentra sullo sviluppo di una personalità magnetica in grado, attraverso un altro livello di concentrazione, di evocare, attraverso un grido, forti poteri di suggestione atti a “demolire” psicologicamente un attaccante.

Le tecniche
Attraverso una forte contrazione diaframmatica verso il basso, durante la fase espiratoria, si emette un suono profondo (inizialmente seguendo “alla lettera” il suono K I A I) prodotto esercitando la massima pressione sulla parte addominale, in giapponese “hara” in posizione Kiba Dachi. Si definisce haragei il punto massimo di specializzazione dell’arte dei kiai. La documentazione esistente circa le scuole e le tecniche di addestramento è pressocchè inesistente. Si conoscono alcuni particolari:

  • Unificazione preliminare di energie nell’hara
  • Paralizzare, uccidere o salvare la vita di un altro guerriero con un grido concentrato
  • Kiai come vettore di energia
  • Funzione di rafforzare la regione del tanden , parte dell’addome situata poco sotto l’ombelico, e quindi fattore dello sviluppo del coraggio fisico e del potere di uno spirito forte e determinato.

Nel combattimento, così come nella competizione sportiva, il grido è utilizzato per arrivare al bersaglio e simboleggia un colpo definitivo a cui partecipano corpo, spirito e cuore. Il kiai viene impostato con esercizi e poi coltivato con attenzione finché si incanala spontaneamente nella forma che arricchisce l’azione marziale.

(Fonte benessere.com articolo di Lidia Katia C. Manzo)

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